Internet e Salute... Alcuni dati interessanti su questo rapporto, sui pazienti, sui medici e sulle aziende farmaceutiche

Oggi vi voglio parlare di internet e salute alla luce di alcuni dati interessanti che riguardano i soggetti coinvolti in questo rapporto e cioe':
  • i pazienti - navigatori
  • i medici
  • le case farmaceutiche

Inizio con i pazienti - navigatori:

Da uno studio del Censis risulta che in Italia, oltre 15 milioni di persone ricercano su internet informazioni riguardo ai propri disturbi di salute invece di rivolgersi ad un medico.

Sempre in Italia oltre 400 mila persone hanno acquistato, almeno una volta, farmaci online, (in cima alle vendite i farmaci contro la disfunzione erettile, vedi Cialis e Viagra).

In America nel 2008, 102 milioni di persone hanno cercato sul web informazioni sui farmaci con obbligo di ricetta e si stima che nel 2009 saranno 157 milioni.

Questi dati evidenziano un bisogno sempre crescente delle persone...
Trovare informazioni legate alla salute.

Informazioni a cui prima, la maggior parte delle persone, non aveva accesso se non per vie traverse o in modo difficoltoso mentre ora grazie al web, possono trovarle con maggiore facilita'.

La facilita' di reperimento delle informazioni e' pero' controbilanciata dalla presenza di numerose insidie e pericoli.

Se vi state chiedendo a quali insidie mi sto riferendo, solo a titolo di esempio, ne posso citare alcune come la presenza:

Insomma, come riportato su alcuni prodotti, anche il web “deve essere utilizzato responsabilmente” ad esempio verificando l'attendibilita' della fonte, rivolgendosi agli specialisti del settore (vedi i medici), non pensando che tutto cio' che si trova sulla rete sia “oro colato”.

Restando in tema di pericoli, passo al secondo soggetto coinvolto...

I medici

Inizio con un dato sulla popolazione dei medici generali in Italia.
Su 43.985 medici di medicina generale solo lo 0,5 % e' sotto i 40 anni

I medici, come i pazienti, utilizzano la rete per tenersi aggiornati, trovare informazioni.
Partecipano sempre di piu' ai social network a loro dedicati come ad esempio Sermo

I medici americani hanno addirittura triplicato il tempo passato su internet per motivi professionali passando dalle 2,30 alle 7,30 ore.

I medici che utilizzano gli strumenti messi a disposizione del web, sembra che a volte si dimentichino di tutelare la privacy dei loro pazienti come in questi esempi:

Almeno il 50 % dei medici americani consultano Wikipedia per ottenere informazioni mediche.
Non bisogna dimenticare pero' che Wikipedia non puo' essere ancora considerata una fonte attendibile di informazioni sanitarie validate.

Per i dottori l'uso di internet sta diventando sempre piu' essenziale per la loro pratica professionale, come dimostrano i dati della ricerca "Taking the Pulse" di Manhattan Research,

e l'interessante ricerca realizzata da Google Health
Connecting With Physicians Online Webinar Deck
Le case farmaceutiche
Le aziende farmaceutiche sono presenti e utilizzano internet e i diversi strumenti messi a disposizione dalla rete:
  • dai siti web 1.0 ai social network,
  • dalle sponsorizzazioni alle associazioni di pazienti ai video.
La lista delle attivita' sul web delle case farmaceutiche e' ampia, ne ho citato alcune in questo post, ma nel sito Dose of Digital si puo' trovare un spazio wiky dove l'elenco di queste attivita' è tenuto costantemente aggiornato.

Nonostante la presenza sul web di alcune case farmaceutiche sia massiccia delle stesse la maggioranza resta in attesa di capire come sfruttare i vecchi e i nuovi strumenti offerti da internet.

Attesa dovuta, a mio parere, alla “ novita' ” dello strumento, ai vincoli legislativi e all'ostracismo nei confronti del "nuovo mezzo".

Dalla ricerca “L’evoluzione della comunicazione healthcare in Italia”, realizzata da Astra Ricerche per Ketchum si possono trarre alcuni elementi interessanti:
  • la crescita dell’impegno e degli investimenti in comunicazione dell’industria healthcare in Italia,
  • il mancato sfruttamento delle potenzialità dei nuovi media in primis l’interattività del web 2.0 e i social networks
Sempre da questa ricerca si evince che fra gli strumenti di comunicazione è previsto in aumento il ricorso al Web:
  • Sito/Portale interattivo per il 78%,
  • Comunicazioni via Internet per il 72%,
  • Blog/Communities per il 48%.

Riepilogando dall'analisi di questi dati emerge
  • un bisogno di informazione da parte dai pazienti ma anche dei medici
  • un'attivita' da parte delle cade farmaceutiche per cercare di sopperire a questa mancanza/bisogno di informazione.
In conclusione a fronte di un bisogno crescente di informazione sulla salute, non ancora appagato da soggetti commerciali o istituzionali, per molti la soluzione e' rappresentata da internet con i suoi rischi e benefici.

Se in fine qualcuno di voi si preoccupa della possibile nascita di una dipendenza dal web, vista la quantita' di tempo trascorso a ricercare informazioni sanitarie e non solo...

Non preoccupatevi anche in questo caso internet e la salute sono legati, da novembre al Policlinico Gemelli e' attivo un ambulatorio per aiutare chi è rimasto intrappolato nella rete.


Voi cosa pensate di questo rapporto tra internet e la salute?

Quale dovrebbe essere il ruolo delle aziende farmaceutiche, dei dottori, dei pazienti - navigatori, in questo rapporto?

Puo' il web rappresentare un supporto per gli internauti in campo medico?

I vostri contributi, opinioni, suggerimenti sono attesi e graditi.

Paura... Shock... Emozioni... Marketing emozionale per campagne che grazie ad internet colpiscono tutto il mondo

Oggi voglio iniziare questo post con una citazione di H.P. Lovercraft

La piu' antica e potente emozione umana e' la paura, e la paura piu' antica e potente e' la paura dell'ignoto.

Credo che la prima parte di questa citazione sia il giusto prologo per parlarvi di due campagna pubblicitarie molto diverse ma con elementi comuni... paura e shock.

La prima campagna dalla quale voglio iniziare e' anche quella piu' controversa, ma come al solito andiamo con ordine...

L'11 settembre 1961 fu fondato in Svizzera il World Wildlife Fund (oggi World Wide Fund For Nature) meglio conosciuto come WWF .

Ma l'11 settembre non e' diventato una data impressa nella memoria collettiva per questo motivo...

L'11 settembre 2001 furono compiuti 4 attacchi terroristici negli USA.
In due di questi attacchi furono fatti schiantare due aerei di linea sulle torri gemelle del World Trade Center di New York.

Tra gli americani questa data e' molto sentita, non solo per il numero dei morti ma anche perche' si sono sentiti violati all'interno dei loro confini e sono entrati a contatto con un fenomeno che per le dimensioni e i mezzi utilizzati era per loro “estraneo”.

L'11/9 e' ormai entrato a far parte della storia e suscita in ognuno sentimenti diversi tra cui sicuramente anche la paura...

Veniamo alla campagna, creata alla fine del 2008, e' stata pubblicata sulla stampa locale brasiliana e successivamente diffusa da un blogger americano...
Gli internauti hanno fatto il resto facendola conoscere al resto del mondo.

La campagna, chiamata "Tsunami", raffigura decine di aerei pronti a schiantarsi sui grattaceli di New York City e mette a confronto le vittime degli attentanti dell'11/9 con quelle dello tsunami asiatico del 2005.

Ma l'immagine vale piu' di tante parole...
Se siete curiosi potete trovarla qui.

Successivamente e' anche apparso questo video...



Apro una parentesi...

Questa campagna ha suscitato diverse reazioni, la maggior parte delle quali di disapprovazione...

Il WWF USA attraverso il suo sito si e' dissociata da questa campagna condannandola, dichiarando di non esserne a conoscenza e scusandosi.
Si tratterebbe di un'iniziativa del WWF del Brasile che costituisce una organizzazione separata e indipendente nell'ambito della rete internazionale del WWF.

L'agenzia creatrice ha affermato di non aver niente a che fare con il video anche se e' stato presentato al 56° Cannes Lions International Advertising Festival che si e' tenuto 21 al 27 giugno scorso come si puo' vedere in questa pagina.

Sul sito dell'agenzia creatrice, la ddb si possono leggere le scuse del presidente della ddb brazil.

Insomma un bel po di confusione per una campagna locale... che grazie ad internet ha superato i confini brasiliani per diffondersi nel mondo.

Certo la campagna riapre una ferita non ancora rimarginata degli USA, ma la cosa che mi stupisce e' che non si tratta della prima campagna che utilizza l'immagine delle torri gemelle o degli attacchi terroristici come potete vedere seguendo questo link.

Non mi sembra che queste campagne abbiano suscitato tutte queste discussioni o siano state ritirate ... In questo caso invece oltre alle immagini della campagna anche i video su YouTube sono stati ritirati... (anche se si trovano su altri siti).

Chiudo la parentesi …

Tornando alla campagna posso dire che per molti sara' di cattivo gusto, per altri sara' bellissima, ma una cosa e' certa non e' passata inosservata.

Il mio parere al riguardo e' che in questo caso l'accostamento delle vittime dell'11 settembre con i morti dovuti allo tsunami non e' dei migliori; anche se in entrambi ci sono state delle vittime, nel primo caso le morti sono riconducibili direttamente all'opera dell'uomo mentre nel secondo no.

Ovviamente si tratta della mia interpretazione, forse i creatori invece volevano far riflettere sul fatto che per l'11 settembre c'e' stata una mobilitazione mondiale che non si e' avuta subito dopo lo tsunami del 2005 visto che molte catastrofi naturali sono co-generate dall'uomo.
Quando parlo di mobilitazione mondiale non mi riferisco agli aiuti umanitari, quanto alle precauzioni prese successivamente affinche' questi avvenimenti non accadessero nuovamente.


La seconda campagna sicuramente meno scioccante richiama comunque il concetto di paura questa volta non collegato direttamente ad eventi storici ma ad alcuni suoi personaggi quali:
La campagna e' stata lanciata tramite diversi strumenti quali:
  • una canzone
  • un video
  • affissioni



Apro anche qui una parentesi per segnalare un'altra similitudine con la campagna precedente.

Anche in questo caso
  • i video sono stati tolti da YouTube
  • il passaparola ne ha provocato una diffusione capillare
Chiudo la parentesi...

Questa campagna concepita per scuotere le persone e sensibilizzarle sul problema dell'AIDS utilizza personaggi che non suscitano ricordi positivi... anzi in molti (esclusi nostalgici ed estremisti) suscitano ancora paura nonostante non siano piu' tra noi.

A mio avviso pero' si tratta di una campagna un po troppo elaborata.
Anche se utilizza “testimonial” noti anche per i loro assassini di massa, per veicolare il messaggio, il collegamento

assassino di massa = aids

e viceversa
non e' cosi' evidente, ma anche in questo caso c'e' una certezza …

la campagna non e' passata inosservata.


Entrambe le campagne utilizzano il marketing emozionale non tanto per creare esperienze di consumo quanto per veicolare un messaggio emotivamente coinvolgente.

Fanno leva su esperienze, ricordi, avvenimenti, personaggi, presenti e passati che coinvolgono i sentimenti e le emozioni, aumentando sicuramente la forza, la persuasivita' e la penetrazione del messaggio.

Voi cosa ne pensate?

I vostri commenti, suggerimenti, opinioni, esperienze sono come sempre ben accetti.

Marketing farmaceutico piu' pubblicita', piu' visite piu' farmaci... le case farmaceutiche stanno a guardare?

Oggi voglio parlarvi di marketing farmaceutico e dell'uso da parte delle case farmaceutiche dei social media.

Se non vedete subito il collegamento tra questi due elementi non preoccupatevi a breve vi sara' chiaro.

Parto dal marketing farmaceutico e da uno studio secondo il quale la pubblicita' fa aumentare le vendite dei farmaci.

Lo spunto me lo ha dato un articolo della Stampa dal titolo:

La pubblicita' di farmaci aumenta visite mediche e prescrizioni

L'articolo riassume il risultato di una ricerca della University of North Carolina a Chapel Hill School of Medicine coordinata dal dr. Spencer D. Dorn.

Intitolata:

Drug industry marketing direct to consumers and doctors may lead to prescription overuse

che tradotta dovrebbe avere piu' o meno questo titolo:

Industria farmaceutica, la pubblicita' diretta ai consumatori e ai medici puo' condurre ad un eccesso di prescrizioni.

Secondo questa ricerca potrebbe esistere un legame tra la pubblicita' dei farmaci e l'aumento delle visite mediche e delle prescrizioni di farmaci.

Il legame potrebbe essere dovuto all'aumento di consapevolezza da parte delle persone circa la propria salute (“causato” dalla pubblicita') che porterebbe a maggiori visite dal proprio medico con possibile aumento delle prescrizioni di farmaci.

Studiando le vendite di un determinato farmaco contro la costipazione cronica (stitichezza) e la sindrome da colon irritabile si e' osservato che le vendite durante la campagna promozionale sono aumentate, mentre sono tornate alla normalita' dopo un po' di tempo in assenza di altre campagne.

Partendo da questi risultati si e' formulato il possibile legame tra pubblicita' e vendite.

Quindi.... La pubblicita' fa aumentare le vendite...

O forse l'aumento delle vendite e' dovuto alla maggiore consapevolezza / "preoccupazione" della propria salute da parte delle persone?

Ovviamente non ho la risposta, l'unico dato certo e' che la pubblicita' diretta al consumatore o DTCA (Direct To Consumer Advertising) non e' ammessa in Italia ma solo negli USA e in Nuova Zelanda.

Alla luce di questa scoperta che attualmente pero' non puo' essere utilizzata nel mercato europeo (o almeno non in queste forme) , alcuni dati su cui riflettere:
anche se in Italia:
Per quanto riguarda i pazienti l'ultimo dato che sono riuscito a reperire e' del 2006:
Le case farmaceutiche stanno utilizzando i social media per avvicinarsi ai consumatori e ai medici aumentare la loro consapevolezza / informazione ?

Ho gia' affrontato il rapporto delle case farmaceutiche ed il web 2.0 (di cui i social media sono parte integrante) piu' di due anni fa in una presentazione on line dal titolo “Web 2.0 e Aziende Farmaceutiche”.


Ho utilizzato questa presentazione anche durante un colloquio presso una multinazionale farmaceutica con un risultato a dir poco sconcertante dopo le prime slide mi hanno fermato per chiedermi cosa era il web 2.0 visto che non lo conoscevano e pensavano fosse la seconda release di un qualche software.

Ora che sono passati piu' due anni e la situazione sul web sara' cambiata?
Apparentemente sembra di si, la presenza delle case farmaceutiche sui social network e' sicuramente aumentata, anche se la parte del leone la fanno la fanno ancora gli USA

Di seguito riporto alcuni esempi:

Facebook
si possono trovare pagine dedicate esclusivamente alla societa', ad una malattia ad un trattamento e perche' no anche ricercare talenti:

YouTube

Twitter

Per non parlare dei blog e delle comunita' sponsorizzate dalle case farmaceutiche:

Dati questi elementi si potrebbe pensare che le case farmaceutiche stiano iniziando ad esplorare il mondo dei social network, anche se con strategie e tecniche a volte non proprio nello stile del web 2.0 basti pensare al fatto che molto spesso non sono permessi interventi, commenti o forme di collaborazione da parte degli utenti.

Con questi strumenti, invece, le case farmaceutiche potrebbero:
  • condividere informazioni, anche per accrescere la consapevolezza delle persone sulla propria salute e non invece semplici vetrine dove farsi “pubblicita'” o promuovere prodotti;
  • ricevere segnalazioni su reazioni avverse;
  • creare una buona reputazione visto che quella di cui godono ora non e' delle migliori;
  • mantenere una buona reputazione anche se per fare cio' a volte e' necessario riconoscere i propri errori;
  • raggiungere non solo i pazienti che soffrono di malattie largamente diffuse ma anche quelli affetti da patologie meno diffuse;
  • seguire le discussioni delle persone, quello che pensano e dicono su di loro e i loro prodotti;
  • creare e mantenere un rapporto con i medici, sempre piu' impegnati e con sempre meno tempo.
In generale potrebbero utilizzarli per aumentare la consapevolezza da parte delle persone sulla propria salute e migliorare l'informazione verso i medici con benefici quali la:
  • prevenzione delle malattie;
  • erogazione di maggiori informazioni;
infatti:
  • nessuno meglio delle case farmaceutiche può fornire informazioni precise su un farmaco;
  • i pazienti devono essere più informati;
  • i medici devono aggiornarsi;
a patto che si sia anche consapevoli del fatto che:
  • essendo delle imprese che tendono al profitto e non ento caritatevoli, nessuno più delle case farmaceutiche ha interesse a che si vendano farmaci.
Queste potrebbero essere le premesse per un uso piu' consapevole dei social media da parte delle aziende farmaceutiche, delle persone e dei medici.

Un'iniziativa interessante in questo senso e' stata quella quella della Roche che ha organizzato il 22-23 luglio 2009 il Diabetes care Social media summit invitando 29 blogger che scrivono di diabete per confrontarsi su temi quali social network, social media, collaborazione tra blogger e case farmaceutiche, ruolo e coinvolgimento delle case farmaceutiche.

Il marketing come la pubblicita' o i social media o qualsiasi altro strumento non e' buono o cattivo a priori , tutto dipende dall'uso che se ne fa.

Voi cosa ne pensate?

Le case farmaceutiche possono utilizzare i social media per aumentare la consapevolezza delle persone, informare i medici e allo stesso tempo incrementare le vendite?

Come mai in Italia queste forme di comunicazione da parte delle case farmaceutiche sono usate così poco?
Voi ne conoscete? Cosa ne pensate?

Come sempre i vostri contributi, opinioni, suggerimenti sono attesi e graditi.

Un problema pungente... i peli superflui... quelli maschili In principio era la barba poi vennero gli ortaggi (Seconda Parte)

Oggi proseguo il discorso sui peli superflui, e su alcune campagne che pubblicizzano prodotti per eliminarli, gia' affrontato dal lato femminile in questo post

Come avevo anticipato il problema dei peli superflui era ben conosciuto e affrontato anche dagli uomini da un certo punto di vista...

Ipoteticamente potrebbe essere questo... da piccoli la maggior parte dei maschietti ha visto il proprio padre radersi e ha provato ad imitarlo...
Poi crescendo quel rituale e' diventato un obbligo... per alcuni giornaliero, per altri settimanale.

Il punto di vista degli uomini, riguardo alla barba, lo potrei riassumere tramite queste campagne:

Ironico / Sensuale



Tecnologico / Sensuale



Sportivo / Macho



La maggior parte degli uomini si ferma qui...

Ma ci sono anche altre categorie di uomini che hanno dovuto estendere le zone in cui eliminare i peli superflui come i:
  • ciclisti
  • nuotatori
  • culturisti
  • attori pornografici
Bene ora sembra che per due societa' specializzate nel settore
e per i loro affari questa categoria di uomini debba aumentare, almeno negli USA.

Vedendo i siti di queste due societa' (oltre quella della Wilkison per le donne) mi sono sorti alcuni dubbi che sottoporro' anche a voi alla fine di questo post sperando che mi possiate dare una mano a risolverli...

Veniamo alle campagne, veicolate soprattutto tramite siti web.

Nel sito americano dell Philips dalla homepage, in cui si viene accolti da un simpatico uomo in accappatoio.


si possono poi raggiungere le altre sezioni, tra le quali troviamo:
  • un improbabile video musicale
  • l'indicazione delle zone in cui radersi
  • testimonianze femminili
  • un test per imparare a utilizzare il prodotto (molto simile a quello della Wilkinson, solo che in questo caso non si tosa un barboncino ma delle piante)

Nel sito americano dell Gillette, invece, si viene accolti da un ragazzo coperto da un asciugamano in una stanza da bagno, dalla quale proseguire verso le altre pagine


dove, accompagnati sempre dal ragazzo e da una presenza femminile, sono presenti dei video a cartoni animati che spiegano perche' e come rasarsi nelle diverse zone del corpo (testa, petto, ascelle, schiena, parti intime).

Prima di andare avanti pero' volevo farvi notare una cosa "particolare" se navigherete sul sito della Gilette e guarderete il video relativo alla rasatura dei capelli scoprirete che la casa produttrice parla di "Mow the Lawn"... vi ricorda qualcosa...? Forse questo video vi rinfreschera' la memoria

Tra i 5 video ne ho scelto solo 1 ... (su YouTube, oltre che sul sito della Gillette li trovate tutti).
Per par condicio con la Zona Bikini ho deciso per quello sulla depilazione delle parti intime.

Buona Visione...




Le campagne marketing si sa devono differenziarsi in base ai soggetti verso cui sono rivolte...

Questo principio sembra ben chiaro alle societa' in questione, infatti, se si visitano i rispettivi siti italiani della Philips e della Gillette otteniamo questi risultati.

Sul sito della Philips si parla di depilazione del corpo, senza nessun accenno alla depilazione delle parti intime.



Sul sito della Gillette, invece, non si parla proprio di depilazione del corpo, ma solo di rasatura.



Ed eccoci arrivati ai dubbi...

Come mai queste due societa' per quanto riguarda gli uomini e la Wilkinson per quanto riguarda le donne hanno deciso di pubblicizzare i loro prodotti per la rasatura delle “zone intime” (inguine, ortaggi o aiuole come dicono loro) solo negli Usa o in UK e non anche in Italia?

Siamo forse cosi' diversi?

Quali dati avranno analizzato per giungere a questa conclusione?

Hanno forse pensato che
  • non siamo ancora pronti a questo tipo di cambiamento?
  • teniamo troppo ai nostri peli
  • la maggior parte delle donne / degli uomini italiani preferiscono un partner peloso, almeno in certe zone del corpo?
Non so fornire una risposta a tutte queste domande...
Voi cosa ne pensate???

I vostri commenti, suggerimenti, opinioni ed esperienze sono come sempre ben accetti.

Un problema pungente... i peli superflui... quelli femminili aiuole, cespugli (Prima Parte)

Oggi voglio parlarvi di un argomento che il pubblico femminile conosce decisamente bene... il fantastico mondo della depilazione.

Non che gli uomini non lo conoscano... diciamo che lo affrontano da un altro punto di vista, ma andiamo con ordine.

Per cavalleria iniziamo con il gentil sesso.

Quando nel 2002 uscì l’album “uguali e diversi” di Gianluca Grignani nessuno avrebbe mai pensato che da questo disco sarebbe potuta uscire una campagna marketing.

Confusi vero???

Per chi non lo sapesse quell’album conteneva la famosa canzone “aiuola”...
Beh per chi proprio non se la ricorda eccola qui



Ora vi starete chiedendo... “cosa centra Grigniani con una campagna marketing???”

E fate bene a chiedervelo visto che in questo caso non ci sono collegamenti o forse si...
Giudicate voi

Mettiamo il caso che voi siate una ditta che produce prodotti per la depilazione femminile
Mettiamo pure il caso che dobbiate realizzare una campagna per la “Zona Bikini”... e non sto parlando delle isole...

Cosa vi inventereste???

Bella domanda vero? Ma sono sicuro che la maggior parte del pubblico femminile avrebbe piu' di qualche idea!!!

Immagino anche che forse :

  • non chiamereste mai la vostra campagna “falciare il prato
  • utilizzerete un motivetto accattivante o una canzoncina
  • non parlereste di stile
  • forse qualcuna realizzerebbe un video tipo quark
  • non utilizzereste luoghi comuni (e come vedrete 2 o 3 ci sono)
  • non utilizzerete doppisensi (esempio tulips = tulipani ma che pronunciato suona two lips = due labbra)
  • fareste sembrare le protagoniste felici di quello che fanno (anche se sembra assurdo)
  • non utilizzereste lo stesso strumento che promuovete per realizzare un concorso / gioco dove vince chi depila con più stile un cane (lo so che sembra assurdo ma se non ci credete guardate qui)

ma sono quasi sicuro che nessuna di voi realizzerebbe mai campagne come queste della Wilkinson

Versione Canora



Versione Sofisticata



Versione “Quark”



Forse invece mi sto sbagliando
  • lo scopo di questa campagna è proprio quella di suscitare un passaparola (positvo/negativo)
  • la maggior parte di voi trova queste campagne irresistibili
  • siete come le protagoniste del video che saltellano “felici di rasare il prato
A voi la parola
Come sempre i vostri spunti, suggerimenti, opinioni sono i benvenuti

PS 1
Per chi volesse leggere un punto di vista prettamente femminile su questa campagna puo' visitare il sito Sorelle d’Italia

PS2
Comunque voi la pensiate, se questo prodotto e' cosi' “efficace” bisognerebbe consigliarlo a questo giardiniere protagonista di una campagna pubblicitaria che ha “qualche attinenza” con questo post...



AGGIORNAMENTO

Devo ringraziare un caro amico che mi ha segnalato questa versione francese...
A quando la versione italiana?



FINALMENTE è arrivata anche la versione italiana...
anche se leggermente Diversa giudicate voi



AGGIORNAMENTO
Versione Repubblica Ceca...


Intelligenza collettiva... Wikinomics... Crowdsourcing... Stesso strumento al servizio delle aziende che sapranno utilizzarlo - Seconda Parte

Nella prima parte di questo post affrontando il tema dell'intelligenza collettiva, della Wikinomics e del Crowdsourcing, attraverso le diverse definizioni dei fenomeni, sono giunto alla conclusione che si tratti di un unico fenomeno nonostante la diversita' dei nomi attribuiti.

In questa seconda parte analizzo il fenomeno dell'intelligenza collettiva attraverso alcuni casi in cui le aziende hanno saputo sfruttare questo fenomeno.

GoldCorp
Chi usa l'intelligenza (degli utenti) trova l'oro

Il primo caso, presente anche nel libro Wikinomics, riguarda Rob McEwen amministratore delegato della Goldcorp, societa' di ricerca d'oro, che si rivolse alla comunita' virtuale per risolvere un problema pressante.
La Goldcorp stava esaurendo i suoi giacimenti d'oro e i suggerimenti e le indicazioni che venivano dall'interno dell'azienda, per individuare nuovi giacimenti, non stavano dando risultati.
Rob McEwen decise allora di sfruttare internet e organizzo' un concorso tra gli utenti, il Goldcorp challenge con un montepremi complessivo di 575 mila dollari.
La cosa forse piu' azzardata fatta Rob, oltre al fatto di rivolgersi a degli sconosciuti, fu quella di condividere i dati geologici relativi alle proprieta' dell’impresa, cosa assolutamente “non convenzionale” per quel genere di societa'.
La risposta degli internauti non si fece attendere oltre 1.400 scienziati, ingegneri, geologi, persone comuni di 50 paesi scaricarono i dati della societa', e iniziarono ad analizzare i dati e a cercare “virtualmente” l'oro senza essere sul posto.
Il risultato del concorso fu l'individuazione di 110 possibili zone di ricerca nella proprieta' di Red Lake, la meta' delle quali non erano neanche stati presi in considerazione dalla Goldcorp. Da queste 110 possibili zone oltre l'80% si frutto' grandi quantita' d'oro.

Innocentive
Innovazione con incentivi per l'intelligenza che risolvei problemi e riduce i costi

Innocentive nasce nel 2001 come start-up della Eli Lilly, multinazionale farmaceutica, per rispondere ad un doppia sfida risolvere problemi (di ingegneria, informatica, matematica, chimica,...) e ridurre i costi interni di ricerca e sviluppo.
Come funziona?
Sul sito Innocentive vengono presentati una serie di quesiti divisi per ambito con indicazione della societa' richiedente (tra i clienti vi sono societa' come Boeing, DuPont e Procter & Gamble) e l'ammontare del premio messo in palio per la risoluzione del problema.
La gara e' aperta a chiunque voglia provare a fornire la la propria soluzione iscrivendosi al sito e sottoponendo la sua soluzione.
I Premi vanno da un minimo di $5,000 fino ad un massimo di $1,000,000 in base alla difficolta' del problema
Il tutto con un doppio vantaggio
  • risolvere problemi a cui la struttura interna non riesce a trovare una soluzione
  • ridurre i costi relativi alla ricerca e sviluppo per la ricerca di una soluzione interna del problema.

Dell
Il miglioramento dei prodotti passa attraverso l'intelligenza degli utilizzatori

Nel 2007 la societa' Dell ha lanciato due iniziative per coinvolgere i suoi clienti, e migliorare i suoi prodotti.
La filosofia di queste iniziative e' ben sintetizzata da Michael Dell "Noi ascoltiamo, impariamo e quindi miglioriamo e innoviamo in base a cio' che i nostri clienti vogliono.”
E sembra che lo facciano... Vista l'insistenza degli utenti i computer Dell sono stati equipaggiati anche con il sistema operativo Linux e non piu' solo con quello di casa Microsoft.

Tornando alle due iniziative...

La prima si chiama Ideastorm
si tratta di un sito internet attraverso il quale si possono proporre miglioramenti e opinioni per migliorare i prodotti dalla Dell.

La seconda, si chiama Studio Dell
si tratta di una sezione del sito internet dove si possono visionare video su come utilizzare al meglio i prodotti della Dell ma anche contribuire personalmente, in una apposita sezione “Your Stories” sezione , i consumatori possono inviare i propri video dove mostrano come utilizzano le tecnologie della Dell.

Inserisco una presentazione che riassume alcuni dati ed elementi importanti della strategia della Dell


Molto simili all'idea della Dell sono le iniziative della
I casi di utilizzo dell'intelligenza collettiva potrebbero proseguire, se ne volete analizzare altri, molti si possono reperire sul sito open innovators

Tutti questi esempi provengono dall'estero ma a livello italiano cosa succede?

Bhe... diciamo che non siamo stati proprio alla finestra.

Una prima azienda a sfruttare intelligenza collettiva, e la partecipazione degli utenti per la risoluzione dei problemi e lo sviluppo e' stata la Ducati.

La società emiliana ha saputo coinvolgere e “utilizzare” l'intelligenza collettiva dei propri clienti - utilizzatori - prosumer - fan.
Identificandone i bisogni, coinvolgendoli nello sviluppo di nuove idee ma non solo...

Lo illustra bene la ricerca...

Collaborating to create: the internet as a platform for customer engagement in product innovation

Cerco di sintetizzare i punti che riguardano la Ducati.

Ducati ha saputo coinvolgere e sfruttare l'intelligenza dei suoi “fan” attraverso diversi canali virtuali e non come :
  • Il “Tech Cafe'” un forum dedicato alla scambio di conoscenze tecniche, di idee per la personalizzazione delle moto, ma anche di luogo in cui i ducatisti forniscono suggerimenti per il miglioramento dei prodotti con la possibilità di allegare dei file di testo o grafici. Non solo un luogo in cui scambiarsi le conoscenze tecniche e aiutarsi reciprocamente (cosa che ha ridotto le chiamate al call center della società visto l'aiuto reciproco nella soluzione di problemi e la segnalazione delle proprie competenze) ma anche uno strumento di conoscenza del “fan” delle sue esigenze oltre che uno strumento di fidelizzazione (visto che chi ha aiutato alla creazione di un prodotto è più incline a comprarlo).
  • Feedback e sondaggi su prodotti e attività di marketing specifiche.
  • Iniziative come "Design your dream Ducati” in cui l'apporto dei fan poteva essere utilizzato per definire meglio le aspettative e i desideri del cliente.
Piu' recentemente un'altra azienda italiana ha attivato un'iniziativa per coinvolgere e utilizzare l'intelligenza collettiva.

Sto parlando della Barilla e dell'iniziativa della Mulino Bianco "Nel Mulino Che Vorrei"

Qui una presentazione del progetto

e di seguito due (dei tantissimi) blog che hanno trattato dell'argomento

quello di Pepe Moder ... forse un po di parte ;-)

e quello di Flavia Rubino

Dall'analisi di tutti questi casi ho dedotto che quasi tutti le aziende che hanno saputo sfruttare l'intelligenza collettiva:
  • hanno ottenuto risultati eccellenti
  • hanno diminuito i costi, sopratutto nel settore Ricerca & Sviluppo
  • hanno saputo tenersi aggiornate grazie ad un network partecipativo
  • hanno capito meglio le esigenze dei loro clienti grazie a una collaborazione aperta

Visti i risultati le domande che mi sorgono sono:
  • Perche' attualmente sono ancora cosi' poche le aziende che utilizzano l'intelligenza collettiva?
  • Quante aziende sapranno avvalersi di questo strumento?
  • Quante non avranno paura di affidarsi ai propri clienti e alla folla?
  • Come mai c'e' ancora tanto timore nell'utilizzo dell'intelligenza collettiva e nella partecipazione degli utenti?

Probabilmente mi sbaglio... forse e' solo necessario del tempo per vedere avanzare questo cambiamento.

Forse in un futuro non molto lontano i prodotti saranno sviluppati dai consumatori e le aziende si rivolgeranno alle masse per risolvere i loro problemi...

Voi cosa ne pensate?
Come sempre aspetto i Vostri Commenti e le Vostre Riflessioni.

Intelligenza collettiva... Wikinomics... Crowdsourcing... Stesso strumento al servizio delle aziende che sapranno utilizzarlo - Prima Parte

Oggi voglio parlarvi dell'intelligenza collettiva, dei suoi sviluppi e delle sue “applicazioni”... wikinomics, croudsourcing.

Lo spunto per scrivere questo post mi e' venuto leggendo vari post sull'argomento ed osservando i comportamenti delle aziende di fronte a questo fenomeno.

Partiamo dalle definizioni

Intelligenza collettiva

Per Wikipedia
e' un particolare modo di funzionamento dell'intelligenza che supera tanto il pensiero di gruppo (e le relative tendenze al conformismo) quanto la cognizione individuale, permettendo a una comunita' di cooperare mantenendo prestazioni intellettuali affidabili. In questo senso, essa e' un metodo efficace di formazione del consenso e potrebbe essere considerata come oggetto di studio della sociologia.

George Pór ...ha definito questo fenomeno nel suo blog come "la capacita' di una comunita' umana di evolvere verso una capacita' superiore di risolvere problemi, di pensiero e di integrazione attraverso la collaborazione e l'innovazione".

Pierre Le'vy in una intervista fornisce la sua definizione
...l'intelligenza e' distribuita dovunque c'e' umanita', e che questa intelligenza, distribuita dappertutto, puo' essere valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche, soprattutto mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti sanno due cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione l'una con l'altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo assai generale, per grandi linee, e' questa in fondo l'intelligenza collettiva.

Wikinomics

Per Wikipedia
Secondo Tapscott e Williams la Wikinomics (traducibile con Wikinomia) si basa su quattro principi: apertura, peering, condivisione e azione di portata globale e puo' rappresentare un motore di innovazione e creazione di ricchezza su una scala mai raggiunta prima.

L'utilizzo di collaborazioni massicce per iniziative aziendali, nella storia recente, si puo` considerare come un passo ulteriore della tendenza delle aziende verso l' outsourcing: esternalizzare verso entita' produttive esterne delle funzioni che in precedenza venivano svolte all'interno dell'azienda. La novita' sta nel fatto che invece di un unico gruppo operativo organizzato aziendalmente per svolgere una sola ben determinata funzione, la collaborazione massiccia e diffusa si avvale di agenti individuali liberi che si riuniscono (in genere virtualmente) per cooperare al fine di migliorare una data operazione o per risolvere un problema. Per sottolineare questa differenza, questo genere di outsourcing viene anche chiamato crowdsourcing. Queste attivita' esterne possono essere incentivate da qualche tipo di compenso, ma questo non e' necessariamente presente.

Crowdsourcing

Il termine e' stato coniato da Jeff Howe nel giugno 2006 in un articolo della rivista Wired

Mi piace usare due definizioni per crowdsourcing:
The White Paper Version: il crowdsourcing e' l'atto di prendere un lavoro tradizionalmente svolto da un agente designato (di solito un dipendente) ed esternalizzarlo ad un indefinito, in genere grande gruppo di persone sotto forma di un invito aperto.

The Soundbyte Version: L'applicazione dei principi dell' Open Source in campi al di fuori del software.

Per wikipedia e'
un neologismo che definisce un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione richiede lo sviluppo di un progetto, di un servizio o di un prodotto ad un insieme distribuito di persone non gia' organizzate in un team. Tale processo avviene attraverso degli strumenti web o comunque dei portali su internet.

Viste le definizioni, mi sono posto una domanda

Siamo sicuri che si tratti di fenomeni distinti?


La mia risposta e' stata NO

Da cui e' scaturita la seconda domanda

Perche' dare tre nomi diversi ad uno stesso fenomeno?

La prima risposta che mi sono dato, anche se non mi convinceva troppo e' stata...

Perche' si tratta di un fenomeno (l'intelligenza collettiva) a cui vengono aggiunti gli strumenti forniti dalle nuove tecnologie, anche se la base rimane la stessa....

Voi cosa ne pensate?

Si tratta dello stesso fenomeno o di fenomeni distinti?

C'era proprio bisogno di definizioni distinte?

A mio parere no, ma Voi cosa ne pensate?

Come sempre aspetto i Vostri Commenti e le Vostre Riflessioni.

I consumatori lo fanno meglio - Consumers do it better

Oggi vi voglio parlare dell'importante ruolo dei consumatori nella diffusione di un messaggio, un prodotto, un marchio.

Sicuramente tutti voi avrete visto il divertente spot della Heineken in cui si evidenziano le "differenze", o forse le "uguaglianze" tra uomini e donne.

Comunque per chi se lo fosse perso eccolo qui...



Vi starete chiedendo cosa c'entri questa campagna pubblicitaria con il ruolo dei consumatori nella diffusione del messaggio... Giusto?
Bene, credo che il tutto vi sara' piu' chiaro verso la fine di questo post.

Come ho gia' avuto modo di dire in un mio precedente intervento i consumatori ormai partecipano attivamente alla produzione e alla distribuzione di contenuti, trasformandosi in partner aziendali che diffondono un messaggio, un prodotto, un marchio.

Gli User-Generated Content o contenuti generati dagli utenti hanno uno stretto rapporto con il marketing.

Alcuni casi... in parte gia' citati in un altro post.

Il caso della Lego
La Lego inizialmente osteggiava i contenuti generati dagli utenti, nel caso specifico gli sviluppi del suo software relativo ai Lego Mindstorms.
Successivamente invece, intuendo le potenzialita' dei suoi "fan" ha messo a disposizione dei suoi clienti un kit di sviluppo software ottenendo in tal modo, suggerimenti, idee, sviluppi a cui altrimenti non avrebbe probabilmente pensato.

Il caso della Coca Cola e delle Mentos
Quando nel 2006 Fritz Grobe e Stephen Voltz postarono su YouTube il video in cui inserivano una Mentos in una bottiglia di Diet Coke, realizzando una sorta di geyser non sapevano che da li a poco i siti di video sharing sarebbero stati invasi da video simili creati dagli utenti.

Le due aziende coinvolte ricevettero un'inaspettata pubblicita' e visibilita', che almeno una seppe sfruttare coinvolgendo ancor di piu' gli utenti...

Per chi ancora non lo avesse visto ecco il video di cui vi parlavo.



Altro caso interessante e' quello dell'iPod Touch.
La pubblicia' di questo prodotto e' legata a Nick Haley, un ragazzo che ha creato uno spot amatoriale e lo ha pubblicato su YouTube. Apple ne ha acquistato i diritti e dopo alcuni miglioramenti lo ha utilizzato.

Se vi interessa la storia c'e' un articolo del Corriere della Sera.

Questo e' il video prodotto da Nick



Altri casi sono rappresentati:
  • dai blog aziendali in cui intervengono gli utenti con suggerimenti, commenti, critiche;
  • dai gruppi presenti nei social network, (un interessante esempio e' quello dei gruppi presenti su Facebook , che spaziano dall'abbigliamento ai prodotti alimentari, dalla grande distribuzione ai servizi);
solo per citarne alcuni, ma l'elenco e' molto più lungo, basti pensare a tutti gli strumenti e servizi messi a disposizione degli utenti (Flickr, Twitter, YoutTube, gli aggregatori di notizie, e cosi' via) grazie ai quali gli utenti possono esprimere la loro passione ed il loro coinvolgimento per un messaggio, un prodotto, un marchio.

Sembra quindi che le aziende stiano iniziando a dare ascolto agli utenti e ad aprirsi ai loro contributi.

Alcune considerazioni:
  • Generalmente un utente/consumatore si fida piu' dei contenuti generati da un altro utente/consumatore. Tra pari si ha maggiore fiducia.
  • I contenuti generati dagli utenti inoltre, sono percepiti come maggiormente autentici e piu' facilmente comprensibili in quanto provengono da un soggetto "simile a noi" e che usa il nostro stesso linguaggio.
  • Grazie ai contenuti multimediali creati dagli utenti un messaggio, un prodotto, un marchio, può raggiungere chiunque e in ogni momento (al lavoro, a casa, in giro) a bassi costi, non solo attraverso internet, ma anche grazie ai media tradizionali quali televisione, radio e giornali.

Credo che a questo punto vi starete chiedendo...
"Ma dopo questo discorso, cosa centra la pubblicita' della Heineken?"

La risposta e' in questo video che mi e' capitato di vedere oggi.



Divertente vero?

Non so se effettivamente sia stato creato da utenti desiderosi di emulare la pubblicita' o solo di espandere il proprio appartamento.

Forse questo video e' stato creato dietro “suggerimento” della Heineken. Chi puo' dirlo...

Una cosa e' sicura, il messaggio, il prodotto, il marchio lanciato con la prima campagna subira' un ulteriore
  • prolungamento,
  • diffusione,
  • passaparola,

e se effettivamente si trattasse di un contenuto generato dagli utenti...
  • un costo nullo

Bene... Queste sono le mie riflessioni.

Voi cosa pensate?

Aspetto i vostri suggerimenti e commenti.

Marketing farmaceutico, la concorrenza di Internet, il rischio dell'acquisto dei farmaci on line. Marketing sociale, paura della concorrenza o altro?

Oggi prendo spunto da un post scritto da un amico, Maurizio Salamone dal titolo "Quale futuro per la pubblicita' sui farmaci?"

Non tanto perche' abbia una risposta all'interrogativo che da' il titolo al suo post, quanto perche' ho letto il suo post dopo aver visto una campagna pubblicitaria della Pfizer.

Vi chiederete quale sia il collegamento...

Lo capirete piu' avanti continuando a leggere...

Una frase all'interno del post, dopo la visione dello spot della Pfizer mi ha fatto sorgere una domanda... che troverete alla fine del post.

La frase in questione e'...

"L'e-commerce dei prodotti farmaceutici in generale cresce ed un ritmo impressionante superando barriere geografiche e di mercato."

Il commercio elettronico (e-commerce) dei farmaci e' un fenomeno non esente da rischi...

Giusto per mettervi in guardia sull'acquisto dei farmaci on line, vi segnalo alcuni recenti articoli sull'argomento:

uno del Corriere della Sera
e due de Il Sole 24ORE
dall'ultimo traggo un dato di riferimento interessante:

"L’Europa non ha un mercato on line paragonabile a quello USA, che gia' nel 2003 valeva 20 miliardi di dollari, e non esistono statistiche ufficiali sul fenomeno a livello nazionale: la normativa non consente di fatto la vendita di farmaci attraverso la rete, ma si stima che gli italiani che hanno fatto ricorso alle e-pharmacies estere siano diverse centinaia di migliaia."

Ma come si arriva all'acquisto di questi farmaci... a volte anche se credo piu' raramente seguendo i link presenti all'interno delle e-mail che si ricevono

Partiamo da una domanda retorica

Vi e' mai capitato di trovare nella vostra casella di posta elettronica messaggi di spam che pubblicizzavano farmaci?

Visto che credo di conoscere la risposta... andiamo avanti, ma se volete approfondire l'argomento vi segnalo una ricerca sull'argomento apparsa su Plos Medicine
e per chi non volesse leggerlo in inglese, potete trovare una breve sintesi nel sito di Altroconsumo

Tornando alle e-mail, sicuramente molte di queste vi promettono farmaci contro le disfunzioni erettili

Le e-mail in questione, i cui creatori a volte meriterebbero un premo solo per la fantasia con cui scrivono questi testi, pubblicizzano l'acquisto di farmaci di diverso tipo tra cui prodotti noti...

come il Cialis prodotto dalla Eli Lilly
o il Viagra prodotto appunto della Pfizer

anche se molto spesso viene utilizzato solo il nome commerciale perche' piu' conosciuto, ma quello che viene “venduto” e' il principio attivo

Mi soffermo un attimo sul Viagra per due motivi,
  • il primo per mostrarvi due vecchi divertenti spot





  • il secondo perche' il Viagra e' prodotto dalla Pfizer, autrice della campagna pubblicitaria di cui voglio parlarvi

E veniamo finalmente alla campagna oggetto di questo post...

La campagna, e' stata lanciata in Inghilterra ed e' supportata da un sito internet

Realdanger

dove nella Home page tra l'altro si legge che:

“One in 10 UK men interviewed recently admitted to purchasing prescription-only medicines from unregulated sources, without a prescription...”

Cioe' "un britannico su 10 intervistati ha ammesso di recente l'acquisto di medicinali con obbligo di prescrizione da fonti non regolamentati, senza prescrizione medica"

Nel sito e' possibile vedere il video oggetto della campagna a cui vi lascio...



Per quanto un po' crudo sicuramente trasmette un forte messaggio che mira a emozionare, cercando di spaventare il consumatore.

Indipendentemente dal contenuto tramesso in modo quanto mai intelligente a mio parere...

Vi sottopongo la domanda di cui vi parlavo all'inizio del post:

la Pfizer ha sponsorizzato questa campagna di comunicazione:
  • perche' cerca di fare del Marketing sociale per mettere in guardia i consumatori dai rischi dell'acquisto dei medicinali on line e di conseguenza cercando di dissuaderli da questo comportamento?;
  • perche' sente la concorrenza del mercato internet e cerca di porvi un freno?;
  • entrambe le cose?;
  • altri motivi?

Queste sono le mie riflessioni.

Vi lascio con questo non semplice interrogativo

Cosa ne pensate? Qual'e' la vostra opinione?

I vostri commenti, suggerimenti e riflessioni sono attesi e graditi.

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