Ok il prezzo e’ giusto. Google paga 500 milioni di dollari per pubblicita’ sui farmaci. La stessa cifra che aveva accantonato 3 mesi prima, ma è veramente lui il colpevole?

Oggi torno a parlare di Google, dopo il post su Google Health che trovate QUI.

Questa volta affronto i problemi di Google con la pubblicita’ sui farmaci, ma andiamo con ordine:

La storia inizia a maggio quando Google presenta il suo bilancio riguardante il primo trimestre del 2011.

 
Tra le varie voci si poteva vedere la seguente.

"Charge related to potential resolution of Department of Justice investigation”, per un valore di 500 milioni di dollari.

Che tradotto in italiano suonerebbe piu’ o meno cosi’:

Oneri che si riferiscono a una potenziale risoluzione con il Dipartimento di Giustizia.

Sempre nel bilancio trimestrale, ma piu’ in basso si puo’ leggere la seguente frase:

In May 2011, in connection with a potential resolution of an investigation by the United States Department of Justice into the use of Google advertising by certain advertisers, we accrued $ 500 million for the three month period ended March 31, 2011. Although we cannot predict the ultimate outcome of this matter, we believe it will not have a material adverse effect on our business, consolidated financial position, results of operations, or cash flows

Che tradotto in italiano suonerebbe piu’ o meno cosi’:

Nel maggio 2011, in relazione con la potenziale risoluzione di un'indagine da parte del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sull'uso della pubblicita’ di Google da parte di certi inserzionisti, abbiamo accumulato 500 milioni di dollari per il periodo di tre mesi terminato il 31 marzo 2011. Anche se non possiamo prevedere l'esito finale di questa questione, crediamo che non avra’ un effetto negativo sui nostri affari, sulla posizione finanziaria consolidata, sui risultati delle operazioni, o sul cash flows.

La frase:
“un'indagine da parte del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sull'uso della pubblicita’ di Google da parte di certi inserzionisti”
e’ alquanto generica, ma leggendo qualche articolo come:

Google Near Deal in Drug Ad Crackdown
(The Wall Street Journal)

Google Was Warned on Rogue Drug Ads
(The Wall Street Journal)

U.S. Inquiry of Google on Drug Ads
(The New York Times)

Google close to settling drug ad probe
(The Financial Times)

Si possono trovare alcune indicazioni.

L’indagine da parte del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti come detto riguarderebbe l’uso della pubblicita’ di Google da parte di certi inserzionisti.

Chi sono questi inserzionisti e quale uso e’ stato fatto della pubblicita’ di Google?

Da quanto si puo’ leggere, gli inserzionisti sarebbero dei soggetti che non risiedono negli Stati Uniti e che vendono online medicinali contraffatti o senza prescrizione e questo per la legislazione americana e’ vietato.

Per la pubblicita' gli inserzionisti si sarebbero avvalsi del programma di Google AdWords.

Google avrebbe “chiuso un occhio” sulle pubblicita' illegali e intascato i profitti provenienti da tali pubblicita'.

Ne’ il Dipartimento di Giustizia, ne Google hanno fatto commenti in merito.

Bisogna aspettare il 24 agosto, quando sul sito del Dipartimento di Giustizia e’ apparsa questa notizia:

Google Forfeits $500 Million Generated by Online Ads & Prescription Drug Sales by Canadian Online Pharmacies.

Ovvero

Google perde 500 milioni di dollari generati da annunci online e vendite di farmaci effettuate da Farmacie canadesi online.

Nell’articolo dell’Ufficio del Vice Procuratore Generale, sono spiegate le motivazioni per il pagamento dei 500 milioni di dollari.

In sintesi:
  • Google ha permesso che farmacie canadesi online inserissero annunci pubblicitari attraverso il programma AdWords.
  • Gli annunci hanno portato ad acquisti online e conseguentemente all'importazione illegale di farmaci.
  • Google gia' nel 2003 era al corrente del fatto che la spedizione, dal Canada agli Stati Uniti, di farmaci con o senza prescrizione e' vietata.
  • Oltre al pagamento dei 500 milioni di dollari l’accordo stabilisce che Google dovra' adottare una serie di misure e segnalazioni per fare in modo che tali situazioni non si verifichino nuovamente.
Ora vi pongo due domande

Google aveva accantonato i 500 milioni a maggio, la sanzione comminata dal Dipartimento di Giustizia e' arrivata ad agosto e stranamente e' dello stesso importo accantonato da Google.
Google e il Dipartimento di Giustizia si erano gia' messi d’accordo? Se si come mai si e' aspettato fino ad agosto?

Google deve essere ritenuto responsabile per l’attivita' che ha svolto? O forse si dovrebbero colpire i soggetti che hanno sfruttato il servizio AdWords?

Voi cosa ne pensate?

Le vostre risposte, contributi, opinioni, suggerimenti sono attesi e graditi.

Se imitare e' adulare copiare e' amare? Audi suona come Chrysler... Mitsubishi, Renault, Nissan hanno avuto la stessa idea... Possibile?


Oggi voglio parlarvi di alcune campagne pubblicitarie che hanno suscitato il mio interesse perche' hanno degli elementi cosi' simili da suscitare qualche interrogativo.

Charles Caleb Colton diceva "L'imitazione e' la piu' sincera delle adulazioni."

La domanda che mi pongo in questo post e' se imitare e' adulare, copiare e' amare, mancanza di idee o pura coincidenza?

Ma andiamo con ordine, le campagne pubblicitarie di cui parlero' in questo post riguardano case automobilistiche.

Primo caso

Parto dalla campagna della Chrysler che ha utilizzato Eminem e la sua musica per pubblicizzarsi durante il Super Bowl.

Questo e' il video



Il 18 maggio la casa automobilistica Audi ha organizzato a Berlino un evento, riservato ad un pubblico selezionato, per presentare l'Audi A6 Avant. Durante questo evento e' stato presentato anche un video che sfortunatamente e' stato condiviso su Youtube

Questo e' il video



Bene... dopo averli visti entrambi cosa ne pensate?

Sono simili? Hanno qualche elemento in comune?

Forse si, almeno secondo la Eight Mile Style, societa' che cura i diritti per le canzoni di Eminem.
La societa' sostiene che Audi ha utilizzato una interpretazione non autorizzata di "Lose Yourself" e per questo ha depositato una causa per il risarcimento del danno.

La Chrysler invece, nonostante sia a conoscenza del video dell'Audi, non ha fatto niente.

Su AllHipHop News viene riportata la difesa della Audi , secondo il sito un rappresentante della casa automobilistica ha sostenuto che il video non rappresenta uno spot per l'Audi A6, il quale non e' stato trasmesso in America oltre al fatto che che la sezione Audi of America non e' coinvolta.

La vicenda si e' recentemente conclusa con una transazione i cui termini non sono stati resi noti ma dalla quale risulta che Audi si impegnera' al rilancio di Detroit contribuendo al finanziamento di selezionati progetti sociali.

In questo caso più che di adulazione o amore a mio parere si è trattato di superficialità.

Se il primo caso poteva dare adito a qualche dubbio sulle intenzioni dell'Audi, ora voglio parlarvi di un caso a mio parere piu' eclatante di “pubblicita' simili”.

Siamo sempre nel campo automobilistico e l'oggetto sono le auto elettriche, ma anche in questo caso andiamo con ordine

Secondo caso
Questi sono gli spot:

Mitsubishi i-miev


i-miev di joelapompe

Renault - ZE




Nissan LEAF



Cosa ne pensate?

A me pare di vedere sempre lo stesso spot ma con marchi diversi.
Non so cosa ne pensiate, ma sta di fatto che a mio parere i tre spot sono veramente “molto simili”.

Vi ripropongo la domanda iniziale se imitare e' adulare, copiare e' amare o solo mancanza di idee o pura coincidenza?

Voi cosa ne pensate?
A voi e agli avvocati specializzati in proprieta' intellettuale lascio la risposta a questi interrogativi.

Infine, mi permetto di consigliarvi un sito per monitorare campagne pubblicitarie  Joe La Pompe che raccoglie e mette a confronto pubblica' che appaiono "molto simili".

Forse il mondo non finira' nel 2012, Google Health si!

Oggi voglio parlarvi di Google Health e della sua prematura fine fissata per il 2012.

Nel 2008 quando ho pubblicato la presentazione "Web 2.0 e aziende farmaceutiche" avevo inserito tra gli strumenti emergenti anche Google Health che era stato da poco lanciato dalla casa di Mountain View.

Del progetto Google Health si parlava gia' dal 2007 come potete leggere QUI.

Per chi non lo sapesse o non lo ricordasse Google Health e' un progetto per l'organizzazione e la gestione delle proprie informazioni mediche.

Si basa sul principio che le persone possono fare scelte migliori per gestire la propria salute se hanno a disposizione dati e informazioni migliori.

In rete potere trovare dei video esplicativi del servizio come questo in cui Roni Zeiger product manager di Google illustra il prodotto,



ma io preferisco i nuovi video come ad esempio questo.



Nel settembre 2010, dal suo blog, Google annunciava un aggiornamento del servizio, la modifica dell'interfaccia, l'aggiunta di nuove funzioni riguardanti il benessere/fitness e l'accordo con ulteriori partner e fornitori di dati.

Poi piu' nulla.

8 mesi piu' tardi, a maggio 2011 mi sono imbattuto in un articolo di John Moore dal titolo "Google Health Put in Stasis" che puo' essere liberamente tradotto in Google Health messo in animazione sospesa.

Come riassunto dal titolo John sostiene che il progetto Google Health e' stato congelato.

Queste le sue argomentazioni:
  • un anno fa, in un post precedente aveva annunciato la stasi del progetto Google Health a cui si dedicavano poche risorse e non erano state implementate funzionalita'. Google aveva risposto che il progetto di Google Health era vivo e vegeto che si stava muovendo verso una nuova direzione. (culminata nell'aggiornamento del settembre 2010),
  • a marzo sono circolate delle voci sull'imminente morte del progetto,
  • infine ciliegina sulla torta, hanno ricevuto una email, da uno dei portavoce piu' visibili di Google Health, Missy Krasner che stava lasciando Google.
La situazione non sembrava delle piu' rosee, John concludeva infatti, che forse Google Health non era morto ma sicuramente posto n uno stato di animazione sospesa.

Il 24 giugno dalle pagine del blog di Google si poteva leggere un post dal titolo "An update on Google Health and Google PowerMeter" pensavo che si trattasse di un ulteriore miglioramento del servizio, invece mi sbagliavo infatti si annunciava la chiusura di entrambi i servizi.

Con poche righe si spiegano le motivazioni della chiusura:

Now, with a few years of experience, we’ve observed that Google Health is not having the broad impact that we hoped it would. There has been adoption among certain groups of users like tech-savvy patients and their caregivers, and more recently fitness and wellness enthusiasts. But we haven’t found a way to translate that limited usage into widespread adoption in the daily Health routines of millions of people. That’s why we’ve made the difficult decision to discontinue the Google Health service.

Che tradotte suonano più o meno così:

Ora, con qualche anno di esperienza, abbiamo osservato che Google Health non sta avendo il forte impatto che speravamo avrebbe avuto. C'e' stata l'adozione da parte di alcuni gruppi di utenti esperti di tecnologia, pazienti e di chi si prende cura di loro, e piu' recentemente degli appassionati di fitness e di benessere. Ma non abbiamo trovato il modo di tradurre l'uso limitato in adozione diffusa nella routine quotidiana della salute di milioni di persone. Ecco perche' abbiamo preso la difficile decisione di interrompere il servizio Google Health.

Collegandosi oggi alla pagina di Google Health si puo' visualizzare questa schermata.


Insomma la fine e' stata decretata e ora si sprecano le motivazioni sull'abbandono da parte Google di questo progetto.

In questa intervista Adam Bosworth, che ha inizialmente guidato il progetto di Google Health, illustra le ragioni per cui ritiene che il progetto sia fallito.



In sintesi le motivazioni di Adam sono:
Google ha offerto un posto per memorizzare i dati, ma non era ne' divertente ne' abbastanza social.
La gente non vuole un posto dove memorizzare i dati sanitari, vuole la salute ma anche qualcosa di piu': l'incoraggiamento e la pressione degli amici.

Non so quanto possa essere corretta l'interpretazione di Adam che pero' sulla base di questi principi ha fondato una nuova start up sulla salute Keas.

Questo video puo' aiutare a capire maggiormente il pensiero e l'idea di Adam.



Si tratta di un gioco social, basato sul rinforzo positivo, in cui si ottengono punti al raggiungimento di obiettivi salutari.

Se volete visitare il sito seguite questo link

Come si vede un approccio e uno scopo completamente diverso da quello perseguito da Google Health.

Microsoft HealthVault  concorrente di Google Health ora si sfrega le mani, ha già predisposto le procedure per accogliere i dati sanitari degli utenti che in precedenza utilizzavano il servizio di Google, come si puo' leggere nel suo sito.

Google Health e Microsoft HealthVault forse sono i servzi di conservazione dei dati sanitari piu' conosciuti, ma ci sono anche altre realta' come Dossia e World Medical Card.

Anche in Europa si stanno sviluppando progetti per la conservazione dei dati sanitari, un esempio e' MyCare, un progetto nel quale si sta studiando un dispositivo elettronico, una specie bancomat dei dati sanitari, che puo' registrare tutta la storia clinica di una persona.
Maggiori informazioni su MyCare le potete trovare in questo articolo di Repubblica.

Qualunque sara' il futuro dell'utilizzo dei dati sanitari e' sicuramente un settore che si sviluppera' molto nei prossimi anni.

Per concludere questo post vi lascio con  John Halamka che in questa intervista su Repubblica illustra quelli che ritiene i vantaggi e i problemi dell'e-health.

Voi cosa ne pensate? Quali opinoni avete sulla conservazione dei dati santari?

I vostri contributi, opinioni, suggerimenti sono attesi e graditi.

E' tornato il problema pungente dei peli superflui ieri pratini da rasare oggi chiomette perfette da acconciare

Oggi voglio parlarvi di una campagna di comunicazione che NON ha attirato la mia attenzione, ma che mi e' stata segnalata via mail da un'agenzia di comunicazione.

Normalmente, in questo blog, non scrivo di cose che NON mi colpiscono, che NON mi incuriosiscano o che mi “sono suggerite” da chi ha un qualche interesse in merito.

Questa volta l'ho fatto perche' avevo gia' parlato sia del prodotto sia del precedente video.
Quindi nonostante tutto contribuiro' al passaparola parlandone anche io.

Andiamo con ordine.

Per prima cosa vi consiglio di leggere questo articolo del Corriere della Sera Addio al pelo: tutto esaurito per la crema «miracolosa» dal quale prendo due dati (che pero' non ho potuto verificare):

Spesa per la lotta ai peli superflui (durante tutta la vita)
  • Donne - 12.000 sterline (che dovrebbero corrispondere a circa 13.468 euro)
  • Uomini - 14.000 sterline (che dovrebbero corrispondere a circa 15.713 euro)
Mi sembra strano, anche perche' ero convinto del contrario,  ma da questi dati risulta che gli uomini spendono molto di piu' delle donne nella lotta ai peli superflui.

Come sapete ho gia' affrontato il problema dei peli superflui QUI per le donne, QUI e QUI per gli uomini. Affrontando nuovamente l'argomento dal punto di vista femminile riporto la situazione in pareggio.

Nel 2009 la JWT di New York ha realizzato la campagna "Mow the lawn".

Ne dubito, ma per chi non avesse visto la campagna o volesse rinfrescarsi la memoria ecco il video.



Ad oggi ha ricevuto 1.255.812 visite (citando solo YouTube come fonte e non tenendo conto della redistribuzione del video).

Vista il successo del video, la campagna è stata utilizzata anche in altri paesi:
A mio parere si tratta di una campagna che non e' passata inosservata, suscitando un passaparola (positivo/negativo) non indifferente.
E' irriverente, piena di luoghi comuni, doppi sensi.
Sotto molti aspetti e' divertente e sopratutto e' interamente cantata.

Bene, detto questo, il 31 maggio la JWT Italia / RMG hanno prodotto il nuovo video della campagna.


Il video si apre con il titolo Chiomette perfette e un logo rappresentato dalle "forme" piu' famose di "acconciature" riprese dalla prima campagna e che ritornano anche nella potatura delle piante, in alcuni quadri e soprammobili (triangolo, rettangolo verticale, cuore).

Questa volta il protagonista e' un uomo, Jean Paul Baffetti, autodefinitosi, tra le virgolette fatte con le dita, "hairstylist internazionale" che al posto delle forbici usa il rasoio Wilkinson Quattro for Women Bikini.

Primo gioco di parole visto che hair-stylist (puo' essere tradotto come stilista dei capelli ma anche come stilista dei peli).

Baffetti ha una spiccata cadenza "francese" che fa' sempre "figo"... in fondo i migliori hairstylists sono francesi (o era un luogo comune?).

QUI e QUI potete vedere due sue interviste.

I tre modelli femminili (caucasica, negroide, asiatica) rimangono ma questa volta sono solo di contorno.

Nell'atelier di Chiomette perfette: gli specchi sono posizionati anche ad altezza inguinale per poter ammirare la "nuova acconciatura"; negli schermi scorrono le immagini sia del nuovo che del vecchio spot (forse per richiamare l'effetto della prima campagna).

I colori della campagna (il rosa delle donne e il blu del prodotto) sono richiamati un po' ovunque:
  • nel fazzoletto da taschino di Baffetti
  • nei vestiti e accessori delle modelle
  • nelle scritte in sovra-impressione
  • nei termos
  • nei soprammobili
Verso la fine del video, a differenza del primo in cui compariva all'inizio, compare un gatto che passeggia sulle spalle di Baffetti.
Questa volta non si tratta di un gatto qualunque ma di un Sphynx (gatto privo di  peli) forse un velato gioco di parole tra pussy-cat e la pussy-vagina già visto anche nella prima campagna.

Infine, a differenza del primo video che veicola il messaggio cantando, qui c'è una sigla di apertura/chiusura:

"Chiomette perfette, libera lo stile che ho in testa , quegli anno ottanta anche basta... Chiomette perfette oh oh oh ... 

E qui mi sorgono un paio di domande:
  • pensano veramente che le donne non abbiano altro per la testa che lo stile per la loro chiometta?
  • Negli anni 80 le estetiste non esistevano? 
  • Le donne sono troppo timide per fare richieste "particolari" alle loro estetiste? 
  • Visto che non esisteva il prodotto le donne non curavano le loro "chiomette"?.
Ma ora basta parole, buona visione.



Insieme al video è stata lanciata una campagna Facebook che utilizzando la pagina gia' aperta nel 2010.
 Scorrendo la pagina oltre ai link dei blog che parlano del prodotto ci sono le richieste dei "fans" per ottenere la cartolina con la quale ricevere il set chiomette perfette fornito di:
  • specchietto a forma di cuore 
  • due formine
  • un asciugamano
A mio modesto parere, questa campagna web non susciterà un gran passaparola (a cui comunque sto contribuendo) perchè:
  • è meno irriverente della precedente 
  • ha come protagonista un uomo 
  • le donne sono in secondo piano 
  • non viola nessun tabù 
  • non è poi così divertente 
  • non è riuscita a mantenere lo stile del primo video
O forse mi sbaglio avra' un enorme successo, le donne abbandoneranno gli estetisti per fare tutto da sole, si sbellicheranno dalle risate ogni volta che vedranno il video che diventerà un video virale.

Apro e chiudo una parentesi: sempre a mio modestissimo giudizio una campagna si definisce virale quando si diffonde in modo esponenziale come un virus e non quando qualcuno la definisce virale.

Una campagna che ha suscitato un passaparola molto importante è stata quella di Calzedonia "Sorelle d'Italia" che violando un tabù (l'Inno Nazionale Italiano utilizzato per una pubblicità) ha  saputo sfruttare positivamente il passaparola negativo.

V i lascio alla visione del caso di studio



E ora a voi la parola.

I vostri contributi, opinioni, suggerimenti sono attesi e graditi.

Internet & salute... Non cadere nella "rete" della disinformazione



Nei miei post ho gia' parlato di quanto possa essere importante e allo stesso potenzialmente pericolosa l'informazione sulla salute reperibile grazie a Internet.

Prima dell'avvento di Internet la conoscenza era limitata ai soli medici mentre ora e' disponibile a tutti grazie al Web.

Ora le persone possono svolgere un ruolo maggiormente attivo per la loro salute ampliando le proprie conoscenze su una patologia, una cura, un medicinale.

Chi naviga alla ricerca di informazioni sulla salute pero' molto spesso e' solo.

Solo nello stabilire:
  • cosa, come o chi cercare;
  • quali informazioni siano credibili;
  • quali informazioni siano esclusivamente di marketing;
  • la fonte (a volte anonima) dell'informazione.
Oggi prendo spunto da una ricerca e da un articolo per parlare dell'importanza di una corretta informazione e della necessita' di conoscere le fonti delle notizie; argomento che ho iniziato a trattare in questo post.

Ma prima permettetemi una piccola parentesi.

Come dovrebbe essere l'informazione sulla salute?

A me piace la definizione di Thomas Goetz direttore esecutivo della rivista Wired espressa durante una TED Conference.

Purtroppo non ci sono i sottotitoli in italiano, ma la conferenza puo' essere seguita anche da chi ha una conoscenza base dell'inglese.



Chiusa la parentesi, torno all'argomento principale.

Le persone, coinvolte direttamente o indirettamente con una patologia,  sono le maggiori ricercatrici  (e molto spesso fornitrici) di informazioni.

In Italia la percentuale di persone che ricerca informazioni mediche on line e' alta:

….gli utenti che utilizzano internet per cercare informazioni in materia di salute e assistenza sono il 34% della popolazione mentre il 12,6% individua in internet il primo strumento per informarsi su tematiche mediche.

Ma come avviene la ricerca di queste informazioni?

Alcuni dati li fornisce una ricerca realizzata da BUPA, una societa sanitaria internazionale.

La ricerca dal titolo “Bupa Health Pulse 2010” ha coinvolto 12.262 persone in 12 paesi (Australia, Brasile, Cina, Francia, Germania, India, Italia,
Messico, Russia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti) tra il 10 giugno 
e 14 Luglio 2010

Leggendo il comunicato stampa per l'Italia si scopre che In italia la ricerca ha coinvolto 1017 persone.

Queste 1017 persone utilizzano Internet per:
  •  la ricerca di consigli/notizie sulla salute, farmaci e condizioni mediche (81%)
  •  cercare informazioni su un farmaco (65%)
  •  fare un auto-diagnosi (47%)
  •  per cercare informazioni su un ospedale o una clinica il (42%)
Il dato che pero' mi interessa sottolineare di tutta la ricerca e' questo:

Solo un italiano su quattro dichiara di controllare le fonti da cui arrivano queste informazioni. 


La conoscenza della fonte da cui proviene l'informazione come gia' detto e' molto importante, ma sembra che gli "italiani" la pensino diversamente.

Le informazioni reperibili sul Web, (ma anche su altri mezzi di informazione), possono essere vecchie, non complete, di parte, sbagliate.

Quando non si e' certi delle fonti da cui provengono le informazioni si possono correre gravi pericoli come in questo caso

Si possono trovare informazioni inaccurate come dimostra questa ricerca (abstract, full text) sui siti che trattano del tumore al seno.

Quindi quando si cercano informazioni sulla salute su Internet bisogna essere consapevoli dei possibili rischi che si possono correre, come spesso sottolineano anche dai medici in carne e ossa.

I rischi possono derivare non solo dall'inaffidabilita' delle fonti, ma piu' in generale dalla disinformazione.

Un esempio in tal senso riguarda i farmaci.
I dati che emergono da questo articolo di Repubblica a mio parere sono un po' preoccupanti:
  • ...
  • 40% degli italiani non sa che l'acquisto di farmaci on line e' illegale.
  • 6% degli intervistati pensa che la vendita sia legale,
  • 34% e' convinto che si possano vendere on line solo medicinali senza obbligo di ricetta.
  • 19% sa che si tratta di una pratica illegale
  • 41%, non sa nulla in proposito.
  • E ancora, nel 33% dei casi, gli italiani pensano che comprare medicinali su un sito Web sia una cosa positiva e vantaggiosa.
Quindi per prima cosa è necessario essere informati sulle tematiche che si stanno ricercando e in secondo luogo verificare la fonte dell'informazione.

Per verificare che la fonte di informazione sia attendibile si puo' utilizzare un po' di buon senso ad esempio facendosi alcune domande ad esempio:
  • chi c'e' dietro il sito?
  • e' presente il nome di chi ha scritto l'articolo?
  • c'e' una data di pubblicazione?
  • e' presente la certificazione HON?
In rete si trovano anche consigli e strumenti per valutare la qualita' dell'informazione sulla salute.

Mi permetto di consigliarvi il misura siti uno strumento offerto dal sito Partecipasalute per valutare la qualita', la correttezza e aggiornamento dell'informazione medica in rete.

Infine un consiglio non sostituite mai il vostro medico con Internet, e quando utilizzate Internet parlate con lui di quello che avete letto.
    A proposito dei medici e Internet, i primi stanno iniziando ad essere sempre piu' presenti sulla rete e molti interagiscono e scambiano informazioni con i pazienti utilizzando i social media.

    Sopratutto in  America molti medici partecipano ai social network chiusi (come Sermo) o aperti come Facebook , utilizzano Twitter o hanno un blog.

    Per venire incontro a questa tendenza l'AMA (American Medical Association) la piu' grande associazione di medici e studenti di medicina negli Stati Uniti ha rilasciato una serie di linee guida per i medici che utilizzano i social media per preservare l'integrita' del rapporto medico - paziente.


    Voi cosa ne pensate?



    Qual'e' il vostro approccio quando cercate su Internet informazioni sulla salute?

    Come sempre i vostri contributi, opinioni, suggerimenti sono attesi e graditi.

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